A casa nostra
Si inizia parlando della Serie A, di quanti italiani ci siano nell'Inter e di come dopotutto, visto che siamo in Italia e siamo a "casa nostra" che ci si comporti così non è poi tanto giusto.
Però è naturale: ormai quanti ci fanno caso più? Così come è naturale che manager abbiano sulle spalle già condanne per reati finanziari, è normale che in televisione si raccontino i fatti propri, è normale che l'avidità di denaro rovini un matrimonio, che un magistrato o un politico sia corrotto. Tutto normale. Il livello di guardia si è abbassato, e così se prima una scritta di bomboletta su di un muro faceva notizia in una città pulita, adesso nelle nostre metropoli si vive indifferenti tra pareti imbrattate e cicche di sigarette buttate per terra.
Al centro del film della Comencini (Francesca, quella più piccola, reduce da un altro film "politico"come Mobbing-Mi piace lavorare) c'è il denaro. E' questo che fa muovere le persone, per questo che ci si danna o si butta via una pensione. Non basta mai. Ma il discorso non finisce lì, perché i soldi sono anche un pretesto per indagare i rapporti umani e le relazioni sentimentali in particolare, sempre più complicate nel trovare i giusti equilibri. Si parla insomma di uno squarcio della nostra comunità, uno spaccato di ciò che molti di noi sono, per quanto non ci faccia piacere sapere, o cercare di ignorare.
Ottime intenzioni senza dubbio, peccato che la realizzazione non riesca in quella che doveva essere la sua maggiore preoccupazione. scuotere lo spettatore. Non si resta indignati davanti a tutto questo schifo, non viene la voglia di prendere le distanze e non tanto perché si giustificano i protagonisti, ma a causa della troppa superficialità con cui le tante storie incrociate vengono raccontate. Tanta carne al fuoco che tocca così tanti ambiti che finisce per disperdere quel collante che dovrebbe tenerle unite. E così il film scorre via senza sussulti, quasi incapace di prendere una sua precisa fisionomia. Narrativamente non si potrà parlare di "solito film italiano" (con tutte le eccezioni del luogo comune), ma la struttura e la scelta degli attori sembrano vogliano sostenere il contrario. Dopo infatti "La bestia del cuore" di Cristina Comencini e il recente "Non prender impegni stasera" di Gianmaria Lavarelli anche stavolta parliamo di un film a episodi, oltretutto con le stesse facce per personaggi analoghi.
Zingaretti è ancora il marito realizzato professionalmente con un'amante (lo era anche in "I giorni dell'abbandono") e Battiston il brutto anatroccolo che si può innamorare solo di una prostituta.
Un film di cui rimangono soprattutto le intenzioni, la bella fotografia di Luca Bigazzi che da a Milano una luce misteriosa e intensa dove può capitare tutto sempre, e alcune immagini, come quella conclusiva dei due manifesti affiancati (modella e industriale che entra in politica: sempre e solo immagine). I "buuu" a fine proiezione stampa alla Festa del cinema di Roma, erano esagerati.

La frase: "Lui non è nessuno. Lui ha solo una banca. Oggi chiunque ha una banca!!!!".

Andrea D'Addio

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