Arthur e il popolo dei Minimei
Partendo da un'illustrazione del fotografo Patrice Garcia vista nel 1999, Luc Besson è diventato prima narratore (assieme a Céline Garcia) e poi regista di una trilogia di racconti sul mondo fantastico di un ragazzino di 10 anni chiamato Arthur. E' lui infatti l'autore di tutti e tre i libri dedicati a questo giovane del Connecticut degli anni '50 che scopre, nel giardino della fattoria dei nonni, il mondo di un popolo di esseri minuscoli nel quale si può entrare solo con un cannocchiale: i minimei.
Ecco quindi il primo capitolo il cui successo condizionerà la realizzazione degli altri due. Si tratta, infatti, di un investimento senza precedenti per un progetto europeo, 60 milioni di euro (la metà di Shrek, ma comunque tantissimo) per un film d'animazione che mescola animazione in 3D e live action e che ha richiesto la collaborazione dei migliori allievi delle scuole d'animazione europee. In Francia per il momento, ha sbancato...

Ne esce fuori un progetto esteticamente affascinante che fa di realtà e cartone animato un'unica entità, con ambienti (quelli minuscoli dei minimei) che sono all'occorrenza disegnati o ricostruiti dal vero. Un'attenzione per il particolare che rende e che premia il lavoro dei tecnici del vecchio continente, ma che non viene sfruttata a dovere da un racconto che tra citazioni esplicite di vecchi cartoni animati e spunti narrativi visti più e più volte, rimane interessante solo per un pubblico molto piccino. La spada nella roccia, il mago di Oz, i Goonies, Harry Potter (la scena dei coleotteri volanti), Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi, Le cronache di Narnia, AntBully una vita da formica, The dark crystal…tanti sono i rimandi, voluti e non, a film (americani) già realizzati e che quindi danno una continua sensazione di dejà-vù. E non si può dire neanche che sotto la superficie dell'intrattenimento ci sia una particolare morale, elemento tipico delle fiabe disneyane e che fanno di ogni storia anche un'occasione di formazione per l'osservatore. Quel che rimane quindi è un buon prodotto per giovanissimi, mai volgare e coerente dall'inizio alla fine nel suo spirito bambinesco, ma che di certo non innova né divertirà più di tanto l'accompagnatore di turno.

La frase: Talvolta le parole ne nascondono altre (William Shakesperare).

Andrea D'Addio

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