Aspettando il sole
Viviamo sull’orlo di un abisso ma fingiamo di dimenticarlo, prigionieri di una lunga notte senza fine e senz’alba. E’ molto raro nel panorama italiano vedere film tecnicamente ben realizzati, diretti e recitati come questo "Aspettando il sole" di Ago Panini.
Sia ben chiaro, non è una pellicola priva di difetti, sopratutto dal punto di vista della scrittura, eppure rappresenta una rarità per gli italiani legati a schemi di rappresentazione filmica troppo spesso molto ingessati.

Il regista offre allo sguardo dello spettatore le storie di personaggi non comuni, ciascuno con un segreto, terribile ed inconfessabile. Panini è abile nel costruire atmosfere notturne e claustrofobiche fatte di luci al neon e senso di vuoto. Un vuoto interiore naturalmente, una disperazione dovuta alla coscienza di trovarsi in una notte eterna in cui l’alba non sorgerà mai. Lo scenario è un albergo collocato su un’ipotetica strada statale, un assurdo casermone che si chiama in modo ironico "Bellevue", anche se è evidente che non c’è nessun panorama da vedere. L’ambiente a prima vista può sembrare in realtà simile a un’istituto di pena e non è molto difficile immaginare ogni stanza come una cella dalla quale non si può uscire liberamente. In fondo ciascuno dei personaggi è prigioniero: di una circostanza, di un’ossessione, di un crimine.
Buone le interpretazioni, dovute evidentemente anche a una direzione sicura da parte del regista. Tra i tanti possiamo citare Raoul Bova, in un convincente ruolo drammatico in cui recita con grande generosità (anche perché il suo viso è quasi permanentemente in ombra), Claudia Gerini in una parte molto più scura e noir del passato "Nero bifamiliare", Vanessa Incontrada in un ruolo insolitamente casto nonostante il personaggio interpretato (è una pornostar) e Bebo Storti nella parte di uno strano regista che non si comprende se sia cinico o idealista. Ad essere davvero straordinario è però Giuseppe Cederna, che non a caso ha vinto il premio per la migliore interpretazione maschile al XVI Festival del cinema italiano di Annecy. Il suo portiere di notte frustrato e apparentemente tranquillo, ma animato da un mondo interiore ricchissimo e "demoniaco", non manca di attirare la simpatia del pubblico.

L’unico punto debole di questo prodotto davvero interessante, consiste nella mancata chiusura di tutte le vicende presentate, che restano in un certo senso sospese e inespresse nella loro piena potenzialità e violenza. Resta comunque il fascino di uno stile visionario e di un modo di girare in cui la tecnica delle luci e la cupezza degli ambienti ricordano piuttosto il cinema d’oltreoceano.
Ce ne fossero di più di esperimenti come questo forse il cinema italiano inizierebbe a progredire verso la modernità.

La frase: "Tu sei il lato peggiore di tutta ‘sta storia!".

Mauro Corso

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