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Il peggior Natale della mia vita











Due donne incinte sotto lo stesso tetto e un uomo in ritardo. Le due donne si conoscono dall’infanzia ma non possono dirsi migliori amiche, si vogliono bene, ma il loro rapporto si basa su un misto di attrazione e repulsione da cui deriva spesso uno scoppiettante dibattito. L’una Margherita, l’altra Benedetta. L’uomo, invece, è Paolo, marito di Margherita, imbranato cronico tanto da risultare imbarazzante per chi si trova a farne conoscenza. I due coniugi, in occasione del Natale e del parto imminente, raccolgono l’invito di Alberto, padre di Benedetta, a trascorrere le vacanze in cima alla montagna, in una landa immacolata di neve e ghiaccio dove sorge un castello da fiaba, un dono che Alberto si è voluto concedere dopo averla scampata ad una grave malattia. Ad unirsi alla felice combriccola arrivano puntuali i genitori di Margherita, lei, Clara – interpretata da una teatrale Anna Bonaiuti che riesce ad essere divertente anche nell’interpretazione di una maschera – e lui, Giorgio, fedele braccio destro di Alberto, l’Antonio Catania che tanto ha prestato il volto a una comicità spesso stereotipata. Mentre Alberto pensa ad una promozione per Giorgio, Paolo sarà alle prese con una piscina espressamente richiesta dalla moglie per un parto più naturale possibile. L’evento più atteso dell’anno si trasformerà presto in una festa surreale, fatta di situazioni paradossali, apparizioni e sparizioni impreviste. La magia del Natale e la neve cadente riusciranno comunque ad attenuare i malintesi di una notte tempestosa, declinata nell’immagine patinata di un prodotto mainstream.
Così si presenta Il peggior Natale della mia vita, l’ultima fatica di Alessandro Genovesi, sceneggiatore e aiuto regista in Happy Family, qui tornato dietro la macchina da presa per il sequel di La peggiore settimana della mia vita, vincitore d’incassi nei botteghini italiani. Costipati in interni più ampi e accoglienti di esterni bui e gelidi di tempeste, i personaggi saranno vittime di una valanga di equivoci, doppi sensi e gag intrecciati in una struttura che ammicca alla slapstick comedy, senza mancare un certo saccheggio nei confronti della più moderna cornice comica di derivazione anglo-americana. Il cast richiama volti di chiaro stampo italiano, figli di una generazione che non sa rinnovarsi, perfettamente inserita in un lavoro che aspira alle soluzioni vincenti di un ampio spettro di riferimento senza saper sfruttare appieno le potenzialità offerte, per finire caricatura di sé. Il peggior Natale della mia vita non manca di alcune sporadiche trovate intelligenti, che funzionano nell’economia di una pellicola non troppo ambiziosa, ma lasciano l’amaro in bocca tutte le volte che l’allestimento del quadretto di maniera lascia scoprire una recitazione nel pieno della sua artificiosità. Rimbalzando tra Cristiana Capotondi e Laura Chiatti, scelte posticce tra le non più neo-stelle dell’ultimo cinema, congelate nella ripetizione di una mono-espressività da bambole in esposizione, sbiadiscono i ben più assodati Diego Abatantuono e Fabio De Luigi, solitamente avvezzi a una mimica sorprendente che, altrove, sola bastava a convincere.
Il film scorre con qualche sprazzo di risata, tra l’autocompiacimento e il citazionismo in brutta copia di tutto un filone che da Il diario di Bridget Jones va a Ti presento i miei, assurgendo a quel tipo di globalizzazione avviata dalla penna mocciana. Derivato da un’operazione di dissimulazione di tematiche inflazionate non troppo riuscita, Il peggior Natale della mia vita sembra spingersi verso un mercato che punta a temi parossistici, indirizzato a quella fetta di pubblico contemporaneo che si rivela sempre più un grande adulatore di stilemi usurati, avido di un tipo di evasione alienante. Sulla scia dell’ingordigia di cinepanettoni ipercalorici, gli spunti di una lontana parvenza di originalità si perdono nella ripetizione di sventure che rispondono più alla legge dell’accumulo che a una qualche struttura di comicità programmatica che, non solo non riesce a rivoluzionarsi dall’interno, ma non sa neanche attingere dal comico più immediato e sincero cui vuole ispirarsi.

La frase:
"Ha ammazzato anche la cocorita".

a cura di Marta Gasparroni

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