Il popolo migratore
Chiudere gli occhi e pensare di volare: sensazioni sconosciute, brama di libertà, queste sono le prime cose che ci vengono in mente. Questo é ciò che si prova guardando questo magnifico documentario, frutto di quattro anni di lavoro meticoloso che ha usato tecnologie all'avanguardia e tecnici altamente specializzati. Dall'alto tutti i colori della terra sono esaltati, c'é un'esplosione di verde e giallo, di rosso e marrone. Chiazze di cielo che si rispecchiano in acque cristalline, spuma del mare, tundra, deserto, grandi distese artiche ghiacciate, montagne bianche, canyon roventi, boschi autunnali variopinti, e poi loro, i protagonisti, gli uccelli migratori. Si invidiano quasi le oche selvatiche, le gru, i cigni, le aquile i pinguini e tutti gli altri che possono godere di queste grandiose vedute, di tali spettacoli della natura. Il filmato ci permette di volare con loro, di avere la loro stessa visuale, quasi di sentire, come loro, il vento colpirci la faccia. Sono tutti uccelli che ogni anno affrontano migliaia di chilometri per raggiungere zone calde e riprodursi, e che poi ritornano nei luoghi di partenza. Tutto questo con la sola forza delle loro ali e con il loro istinto, con la guida del sole e delle stelle. Il filmato inizia in autunno nell'emisfero australe per seguire il viaggio, lungo un intero anno, che porterà tutte queste specie di uccelli nell'emisfero boreale, dove si riprodurranno e istruiranno i piccoli per affrontare il duro viaggio di ritorno. Il più delle volte il viaggio é pericoloso, stancante, lunghissimo. Non tutti giungeranno a destinazione, molti periranno lungo la traversata, stremati dalla stanchezza, dal freddo, dalla fame. Eppure la sensazione che si ha non é assolutamente negativa: é bello veder volare tutti questi uccelli in stormi, vederli avvicendarsi alla guida del gruppo, vederli spiegare le ali e sfruttare la forza del vento. Quegli stessi uccelli che spesso ci sembrano goffi acquistano una leggiadria, un'eleganza, una maestosità insospettate. Il loro elemento é l'aria, nessuno può obiettarlo. Lo sforzo di battere le ali, le tecniche per procurasi cibo, i pericoli che devono affrontare, sono tutte pratiche che il regista riprende sapientemente e che lo spettatore percepisce come uno dei tanti meravigliosi aspetti della vita. Si stringe il cuore nel vedere le oche domestiche rinchiuse in un recinto che guardano con nostalgia e forse con un pò di rammarico le loro cugine selvatiche librarsi libere nel cielo, ci si meraviglia nel prendere atto dei tanti rituali di accoppiamento esistenti in natura, dei loro misteriosi significati. E poi, insieme al miracolo della primavera eccoli, i piccoli. Escono dai gusci implumi, impauriti, sornioni. Dovranno imparare presto a procurarsi il cibo, a sbrigarsela da soli e soprattutto a volare. Le musiche ben sottolineano tutti i passaggi, esaltano le scene, contribuiscono quasi ad enfatizzare il rumore del vento, lo sciacquio del mare, i fischi delle bufere.
Le sensazioni regalate da "Il popolo migratore" sono forti, difficili da sopire, difficili da far conciliare con la routine quotidiana. Eppure sono emozioni che servono e che spesso sono soffocate da inutili pratiche messe a punto per inibire l'istinto di libertà che alberga in ogni uomo. È stano andare al cinema per vedere un documentario, ma di questi tempi è ancora più inusuale vedere un bel film, quindi...

Teresa Lavanga

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