Il quinto elemento
Abbandonati i sicari di pellicole come "Nikita" (1990) e "Léon" (1994), lo Spielberg d’oltralpe Luc Besson ci porta in Egitto, nel 1914, dove uno studioso di archeologia, interessato a scoprire quel fantomatico quinto elemento che, collocato tra acqua, fuoco, terra e aria, permetterebbe di fermare la distruzione del mondo da parte del male, si ritrova improvvisamente attaccato da alieni che sembrano usciti dalla fantascienza a stelle e strisce degli Anni Cinquanta, i quali s’impossessano dei geroglifici che stava decifrando.
L’incipit, quindi, lascia tranquillamente ripensare a "Stargate" (1994) di Roland Emmerich, ma l’ambientazione si sposta presto a trecento anni dopo, introducendo il tassista ex soldato e divorziato Korben Dallas (Bruce Willis), il quale, in una New York trafficata da automobili volanti evidentemente ispirata alla Los Angeles di "Blade runner" (1982), si trova involontariamente a dover aiutare la tanto bella quanto misteriosa Leelo (Milla Jovovich), che parla uno strano ed antico linguaggio in quanto extraterrestre fuggita dal laboratorio in cui è stata ricostruita.
Con uno stuolo di personaggi da fumetto, tra cui il bel Gary Oldman (dal già citato "Léon") nei panni del potente cattivo di turno e il grande Brion James (dal già citato "Blade runner") in quelli del generale Munro, ciò che prende progressivamente forma è una romantica fanta-allegoria su celluloide relativa all’amore quale unica efficace arma per debellare i contrasti bellici, mentre si sfiorano a tratti Terry Gilliam e Jean-Pierre Jeunet e non mancano inevitabili omaggi alla vecchia trilogia di "Guerre stellari" (ridistribuita in edizione speciale proprio nel periodo in cui Besson stava realizzando il film).
E, sorvolando sugli scontati elogi a scenografie ed effetti speciali, si tenta anche la carta della poetica da videoclip (si veda la sequenza in cui in cui l’esibizione canora di una cantante fa da commento musicale alle imprese atletico-coatte di Leelo) in quella che, tra esplosioni ed abbondanti dosi d’ironia, sembra più una futuristica commedia d’azione che un classico lungometraggio di fantascienza, tanto da non convincere del tutto, nonostante il ritmo narrativo ben costruito.
Del resto, la pellicola non ha segnato né la storia della fantascienza, né quella della commedia, ed il massimo merito (???) che possiamo riconoscerle è quello di aver cominciato a delineare le fattezze della Milla Jovovich d’azione, contribuendo fondamentalmente alla successiva invasione delle eroine tutte pugni e pistole su celluloide.

La frase: "Il tempo non è importante, solo la vita è importante".

Francesco Lomuscio

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