Il silenzio dopo lo sparo
Verso la metà degli anni '70, guidata dall'idealismo e dalla voglia di cambiare il mondo, Rita Voight (Bibiana Beglau), si avvicina ad un movimento terrorista. Insieme ad alcuni compagni rapina una banca, non per i soldi ma per quegli ideali rivoluzionari che vorrebbero vedere realizzati. In seguito, dopo vari spostamenti si rifugia nella Germania dell'Est. Con l'aiuto di Erwin Hull (Martin Wuttke), agente dei servizi segreti, cerca di rifarsi una vita cambiando identità.
Passa un pò di tempo, e Rita, ora Susanne, prova a costruirsi una vita modesta ma "normale". Un giorno però, il suo segreto viene scoperto; costretta nuovamente a fuggire deve cambiare per la seconda volta identità. Con il nome di Sabine, va a vivere in un'altra città della DDR. Conosce Jochen (Alexander Beyer), s'innamorano, ma quando questi le chiede di sposarlo e di andare a vivere con lui in Russia, Sabine gli confessa il suo passato. La reazione del ragazzo non è delle migliori: Sabine si ritrova di nuovo sola. Nell'inverno del 1989 finalmente crolla il muro di Berlino, la storia di Sabine si intreccia inevitabilmente con quella della Germania. Con l'abbattimento delle frontiere interne, e i servizi segreti orientali si affrettano a consegnare nelle mani dei colleghi occidentali tutti i fascicoli "pericolosi", fra cui anche quello di Sabine. La sua ultima fuga durerà poco, sarà uccisa ad un posto di blocco.
La storia raccontata da Schlöndorff è toccante, riesce a catturare l'attenzione della sala, è ben ritmata, ma forse troppo piena di intrighi, fughe rocambolesche, storie quotidiane poco reali. Il tema trattato è interessante, e forse poco conosciuto, ma già affrontato dallo stesso regista, seppure insieme ad altri cineasti, nel 1978 in "Germania in autunno". Sembra quindi, non una ripetizione dello stesso argomento, ma un approfondimento di quello che era rimasto in sospeso più di venti anni fa. La storia che si narra qui, è quella di una donna, né buona né cattiva, di una donna come ce ne sono tante. Le sue scelte possono essere o meno condivise, ma la sua storia personale non può lasciare indifferenti. Credo che questa pellicola, seppure per molti aspetti anacronistica, non sia da sottovalutare, anzitutto perché consente di riavvicinarsi ad un periodo poco conosciuto, seppure non troppo lontano, della nostra storia, e in secondo luogo perché la prova data dalla protagonista, Bibiana Beglau, premiata con l'Orso d'Argento a Berlino, è di ottimo livello.

Teresa Lavanga

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