La cura del gorilla
Uno "spaghetti noir" lo definiscono gli autori. Definizione riscontrabile nel ribaltamento della prospettiva abituale buoni-cattivi, nell'ironia diffusa (a partire dal volto di Claudio Bisio), nelle citazioni dei western cui contribuisce la presenza di un pezzo di storia hollywoodiana: Ernest Borgnine. Nuovo progetto targato ColoradoFilm (che aveva esordito con "quo vadis, baby?"), e debutto alla regia cinematografica per Carlo A. Sigon, già attivo da diverso tempo nei cortometraggi e negli spot pubblicitari. E si vede dalla confezione, dal ritmo, dallo stile fumettistico evidente del resto nella grafica della locandina del film. Elementi che, insieme all'ossatura letteraria - lo stesso Sandrone Dazieri ha collaborato alla traduzione in sceneggiatura del suo omonimo romanzo - rendono la narrazione un piacevole intrattenimento. Ma vengono toccati anche vari aspetti dell'attualità. Con riferimenti agli scandali che hanno visto protagonista la Chiesa nella gestione umanitaria degli immigrati, al razzismo (da quello radicato nell'ostilità stereotipata del senso comune a quello veicolato da megafonaggi, volantini, scritte sui muri), e ai migranti stessi, con i viaggi della speranza "nelle carrette del mare", lo scandalo giuridico dei Centri di Permanenza Temporanea (definiti "lager"), la prostituzione e la solidarietà. Quella di Dazieri, proveniente da un'esperienza di militanza decennale nei centri sociali milanesi, è pure una riflessione sulla generazione politica degli anni '80. Attraverso tre personaggi con un passato condiviso: oltre a Gorilla, un commissario che un tempo "odiava le divise" (un Bebo Storti - attore negli spettacoli d'impegno civile del Teatro della Cooperativa - da segnalare) e Luke, rimasto coerente e fedele all' ambiente.
Poco importa quindi se il meccanismo dell'indagine si inceppi nella soluzione, quando pure il cruciale tema dello sdoppiamento di personalità in precedenza è reso in un modo "clinicamente inimmaginabile", come sostiene il regista. Insomma, non trattandosi di puro genere, ma di commistione, ci si può stare.

La frase: "La penna nasce liscia. L'hanno rigata dopo, per sottostare alla lobby delle mense".

Federico Raponi

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