La forza del passato
La forza del passato di Piergiorgio Gay è l'ultimo dei film italiani presentati in concorso alla 59° Mostra del Cinema di Venezia.

La pellicola è tratta dall'omonimo romanzo di Giovanni Veronesi e sceneggiato dal regista in collaborazione con Lara Fredmer.

Gianni Orzan (Sergio Rubini, "Nirvana", "Denti") è un affermato scrittore di romanzi per ragazzi. Morto il padre, viene contattato da uno strano personaggio, Gianni Bogliasco (Bruno Ganz, "Pane e tulipani") che gli rivela che il padre era in realtà, nientemeno che una spia del KGB. Gianni, inizialmente è sconvolto ed incredulo di fronte a queste rivelazioni. Approfondendo la conoscenza con l'oscuro Bogliasco, scoprirà che la verità non è quella che ha sempre pensato.

Film con rari momenti di luce, quelli in cui il regista del premiato "Tre storie" del 1998, lascia libera la briglia all'inventiva e alla creatività. Come ad esempio le scene in cui vediamo Rubini esaltarsi in canti e balli sulle note ed i ritmi delle belle canzoni dei Quintorigo. O, quelle situazioni nelle quali lo script lascia maggior libertà all'innato istrionismo dell'attore pugliese. Mi riferisco al monologo finale sulle feci del muratore o al momento della citazione del brano di Jim Morrison.

Il resto dell'opera è purtroppo avviluppato sulla dinamica Rubini / Bogliasco, ottimi interpreti in generale, ma fragili nel sostenere il lungo confronto fatto di dialoghi che alla lunga, dopo un bel panorama di Trieste (dove il film è ambientato), e una gita in Slovenia, francamente finiscono per annoiare lo spettatore. Tutto sommato inutili e un pò forzate sono anche le scene inframezzate di Orzan bambino con la fisionomia dell'eroe dei suoi libri da lui creato, impegnato nella ricerca di suo padre.

Il film comunque offre degli spunti interessanti mai però completamente sviluppati. L'arrivo di Bogliasco nella vita di Orzan ha l'effetto di una deflagrazione le cui schegge impazzite sono del tutto incontrollate. Una di queste, gli farà scoprire un piccolo tradimento della moglie (Sandra Ceccarelli, ma perché farle fare questa parte così piccolina, d'accordo che amica del regista, però...) ma il dolore più grande gli è dato dalla raggiunta consapevolezza di non aver mai saputo chi in realtà fosse il padre con il quale, peraltro, aveva un pessimo rapporto. Le risposte dategli da Bogliasco invece di rasserenarlo finiscono per fornirgli un quadro sempre più oscuro, finché in un crescendo, alla camomilla per la verità, Orzan finisce all'ospedale per un incidente con la moto.
In quelle stanze, morfina e quieta rassegnazione gli daranno gli strumenti per operare una lucida analisi. A nostro giudizio solo l'inizio di un processo che pronostichiamo abbastanza lungo.

Nel cast, oltre Sandra Ceccarelli anche Valeria Moricone nei panni della madre di Orzan e Mariangela D'Abbraccio nei panni della madre di un bambino malato a cui Orzan regala dei soldi per le necessarie cure. Un personaggio ed una situazione narrativa di cui, sinceramente, non si coglie il nesso.

Belle le musiche dei Quintorigo.

Das

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