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Beautiful Creatures - La sedicesima luna











Sarà vero che nessuna maga può amare un mortale? Prova a risponderci Richard LaGravenese – regista di "P.S. I love you" (2007) e sceneggiatore de "La leggenda del re pescatore" (1991) – trasponendo su grande schermo "La sedicesima luna", primo volume di una serie letteraria creata da Kami Garcia e Margaret Stohl e che vede protagonista il diciassettenne orfano di madre Ethan Wate alias Alden Ehrenreich, residente nel paesino conservatore di Gatlin, proprio come i temibili bambini stermina-adulti dell’epopea cinematografica di derivazione kinghiana "Grano rosso sangue".
Del resto, complice, inoltre, una sequenza con esplosione di vetri, nel pieno di una lezione in classe, che ne richiama in maniera evidente alla memoria una analoga di "Nightmare 4 - Il non risveglio (1988)", è difficile, durante la prima parte delle oltre due ore di visione, non avvertire una certa influenza proveniente dal cinema dell’orrore per teen-ager risalente agli anni Ottanta.
Anche se, in realtà, ricorda non poco il rapporto tra i due discendenti dei druidi Kenny e Samantha visti in "Warlock: L’angelo dell’apocalisse" (1993) quello che, con l’avanzare dei fotogrammi, s’instaura tra Ethan e la bella ed enigmatica Lena Duchannes, con le fattezze di Alice Englert.
Bella ed enigmatica che, nipote di Macon Ravenwood, ricco proprietario di una villa gotica cui concede anima e corpo Jeremy Irons, non solo è dotata di poteri che sfuggono al suo stesso controllo, ma sembra essere perseguitata da una maledizione man mano che si avvicina il giorno del suo sedicesimo compleanno, quando un mago viene scelto dalle Forze della Luce o delle Tenebre.
Peccato, però, che, con Emma Thompson nei panni della signora Lincoln, governatrice del posto intenzionata a bandire la ragazza, quello che era partito come un godibile fanta-horror adolescenziale – dal sapore quasi nostalgico e non privo di divertenti battute riguardanti il "Titanic" (1997) di James Cameron – finisca presto per trasformarsi in un chiaro derivato dei vari "Twilight", con la stregoneria al posto del vampirismo e il ribaltamento dei ruoli alla sua base (qui, come già accennato, il comune mortale è lui e non lei).
Un derivato che, paradossalmente, tende all’infiacchimento proprio nel corso del suo secondo tempo, quando aumenta lo sfoggio di effetti visivi e comincia ad essere concesso maggiore spazio ai momenti spettacolari.
Con ogni probabilità, a causa di una poco coinvolgente regia, al servizio di un’operazione che potrebbe far nascere una nuova saga da amare per chi ha amato le avventure sentimentali di Bella Swan ed Edward Cullen, ma, allo stesso tempo, da detestare per chi non le ha mai digerite... anche se l’insieme conferisce l’impressione di essere leggermente superiore rispetto alle versioni su celluloide dei romanzi scritti da Stephenie Meyer.

La frase:
"Lena tu sei un miracolo, perché non dovresti essere normale?".

a cura di Francesco Lomuscio

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