La solitudine dei numeri primi
I titoli di testa, con riprese descrittive che tanto ricordano alcuni momenti di "Profondo rosso" (1975) e un brano dei Goblin a fare da commento musicale, non possono fare a meno di richiamare alla memoria la cifra stilistica del Dario Argento più ispirato.
D’altra parte, per il suo terzo lungometraggio cinematografico da regista, dopo "Private" (2004) e "In memoria di me" (2007), Saverio Costanzo recupera perfino il tema morriconiano de "L’uccello dalle piume di cristallo" (1970) nel trasporre su celluloide "La solitudine dei numeri primi", romanzo scritto dallo stesso Paolo Giordano che, insieme al regista, firma anche la sceneggiatura del film.
E, divisibili soltanto per uno e per se stessi, ma, soprattutto, solitari e incomprensibili agli altri, come i numeri del titolo sono Mattia e Angela i "primi" in questione, l’uno con il volto dell’esordiente Luca Marinelli, l’altra con quello della Alba Rohrwacher vincitrice del David di Donatello per "Giorni e nuvole" (2007) e "Il papà di Giovanna" (2008), entrambi perseguitati da tragedie che li hanno segnati nell’infanzia e destinati ad incrociarsi più volte in un’amicizia speciale, a partire dai tempi della scuola; fino al giorno in cui il ragazzo, laureatosi in fisica, decide di accettare un posto di lavoro all’estero.
Infatti, con l’ottimo Filippo Timi coinvolto in una clownesca apparizione dai toni diabolici, è attraverso la continua alternanza di presente e passato che apprendiamo che lui perse una sorella gemella, mentre lei ebbe un incidente sugli sci che le causò un difetto alla gamba.
Aspetti drammatici volti ad assumere non poca importanza nell’ambito di quello che, inizialmente identificabile come meditazione su celluloide sulla solitudine, sull’amore e sulle conseguenze dell’infanzia, finisce ben presto per assumere i connotati di un vero e proprio horror sentimentale riguardante la famiglia e la sua impossibile emancipazione, immerso nel dolore e nelle emozioni non confessate.
Con l’azzeccato connubio tra fotografia e scenografie che, oltre a garantire la giusta, a suo modo inquietante atmosfera, incarna il maggiore pregio dell’operazione, sicuramente non eccelsa ma girata con professionalità da Costanzo, il quale porta i risultati al di sopra della media supportato anche dalla buona prova del cast.

La frase:
- "Pietro, a me fa paura Mattia"
- "Non deve farti paura, vedrai che crescendo cambierà".

Francesco Lomuscio

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