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Les Ogres

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato20 gennaio 2017Voto: 6.5
 

  • Foto dal film Les Ogres
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Abbiamo visto spesso nel mondo del cinema pellicole che raccontano le vicende personali di compagnie teatrali, come l’ultimo “La stoffa dei sogni”, ma se queste storie fossero più vicine a tutta l’umanità di quanto si possa immaginare? Questo, ad esempio, avviene ne “Les Ogres”, il nuovo film di Léa Fehner con, tra i tanti, François Fehner, Marion Bouvarel, Marc Barbé, Adele Haenel e Inès Fehner, Lola Dueñas.
La storia racconta della compagnia Davai Theatre, una compagnia di girovaghi. Sono degli orchi (da qui il titolo), dei giganti che hanno mangiato chilometri per affrontare ogni mese grandi imprese teatrali. L’imminente arrivo di un bambino e il ritorno di un ex amante fanno rivivere le ferite che si pensava fossero ormai dimenticate.

Nonostante un inizio piuttosto confuso in quanto non si riesce a mettere a fuoco quello che sta effettivamente succedendo, il film gode di una colonna sonora molto coinvolgente e in grado di mantenere viva l’attenzione del pubblico per le due ore e un quarto di proiezione.
Punto forte della pellicola sono i temi affrontati in quanto possono riguardare la vita di ogni essere umano e vengono trasmessi con molta passione. Temi universali che potrebbero interessare la vita di ognuno e che spesso obbligano a scelte difficili, rischiano di allontanarci dalle persone che amiamo o non consentono di capire quali siano le grandi priorità della vita.
Si passa dall’importanza di sentirsi apprezzati alla volontà di dimostrare le proprie capacità, dal dolore per la perdita di una persona cara al bisogno di sentirsi ancora amati dal proprio partner.

Sono davvero tante le tematiche di rilievo all’interno del film, ma tra queste emerge la volontà della regista di dare largo spazio all’incontro-scontro tra i sessi opposti. Questa differenza è rimarcata dalla caratterizzazione, anche se non particolarmente approfondita, dei personaggi: gli uomini sembrano voler dimostrare la loro superiorità, mentre le donne paiono di contro soffrire di un complesso di inferiorità.

La pellicola sembra essere una sorta di teatro nel teatro, in quanto tutti gli attori coinvolti, anche i più marginali, recitano con una certa forza espressiva e un linguaggio deciso, diretto, senza fronzoli, che esprime molto chiaramente il pensiero di ogni personaggio. Sembra, a questo proposito, che la regista abbia voluto attingere alle caratteristiche tipiche delle opere teatrali: tutti gli interpreti, infatti, appaiono un po’ troppo sopra le righe nell’interpretare il proprio ruolo e ciò nasconde un lato positivo e uno negativo. Se da una parte riescono a far emergere appieno lo stato d’animo dei loro personaggi, dall’altro tutto questo fervore li rende poco credibili.

A colpire negativamente è la durata della pellicola e il ritmo poco incalzante, molto lento: due ore e un quarto di litigi, amore, tradimenti, voglia di rivalsa che però a lungo andare potrebbero stancare lo spettatore, o diminuire il loro interesse nello scoprire come andranno a finire le varie vicende che toccano tutti i membri della compagnia.
È difficile consigliare o meno questa pellicola in quanto è rivolta a un pubblico preciso, amante del teatro e della struttura tipica dei film francesi. Ciò non toglie che possa essere apprezzata anche da coloro che hanno voglia di vedere qualcosa di originale e volto a far riflettere su tematiche rilevanti.


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