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Maleficent











C’era una volta la bella addormentata nel bosco protagonista dell’omonima fiaba tradizionale che, nota sulla carta nella versione di Charles Perrault e nell’ambito della Settima arte in quella animata targata Disney, si ritrovava vittima, appunto, di un sonno profondo a causa di un incantesimo lanciatogli dalla strega Malefica.
Aurora, bella addormentata che, figlia del re Stefano alias Sharlto Copley e cresciuta sotto la protezione di tre fate buone incarnate da Lesley Manville, Imelda Staunton e Juno Temple, possiede i connotati della Elle Fanning de “La mia vita è uno zoo” in questa rilettura live action che vuole essere, al contempo, un prequel ed un adattamento alternativo della storia da tutti conosciuta.
Infatti, accompagnati da una onnipresente voce narrante, come ogni favola che si rispetti, ad essere raccontata è in particolar modo la genesi della malvagia antagonista, che manifesta, in ordine di avanzamento di età, le fattezze di Isobelle Molloy, della Ella Purnell vista in “Kick-Ass 2” e di Angelina Jolie, anche produttrice esecutiva dell’operazione.
Una Angelina Jolie che, come di consueto, ce la mette tutta nel portare in scena un personaggio la cui negativa metamorfosi scopriamo essere la conseguenza di angherie e tradimenti subiti da parte di spietati individui avidi di potere; man mano che, pur richiamando vagamente alla memoria, a tratti, alcune immagini de “La storia infinita” di Wolfgang Petersen, l’insieme sembra ricordare soprattutto scenari e ricostruzioni già alla base dei franchise jacksoniani de “Il Signore degli Anelli” e “Lo Hobbit”.
Del resto, non poco simile allo Smaug della seconda trilogia tratta da J.R.R. Tolkien risulta il drago che fa la sua apparizione nel corso dell’ultima parte della pellicola, curiosamente attraversata da un evidente ed inedito (?) sottotesto femminista e che, purtroppo, si trova a dover fare i conti con la provenienza professionale dell’esordiente dietro la macchina da presa Robert Stromberg, reduce da una lunga esperienza maturata nel campo degli effetti visivi (“2012”, “Vita di Pi”) e delle scenografie (“Alice in Wonderland”, “Il grande e potente Oz”).
Perché la risultante è un elaborato non solo concentrato sul curato lato estetico tanto da rendere fiacca la narrazione nonostante il veloce e ricco susseguirsi di accadimenti, ma che finisce per miscelare in maniera tutt’altro che efficace figure e humour destinati al pubblico dei bambini con un darkeggiante look generale decisamente più adatto a quello degli adulti... rischiando di lasciare scontenti sia gli uni sia gli altri.

La frase:
"Uccidete la creatura alata, vendicatemi e alla mia morte la corona sarà vostra".

a cura di Francesco Lomuscio

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