Milk
Dopo la trilogia della morte (Gerry, Elephant e Last Days) e l’acclamato Paranoid park, Gus Van Sant ritorna ad utilizzare un linguaggio più "tradizionale" per raccontare gli ultimi otto anni di vita di Harvey Milk, il primo americano gay dichiarato ad essere eletto per un ruolo pubblico (consigliere comunale di San Francisco nel 1978). Una scelta, quella di seguire passo passo una sceneggiatura ricca di dialoghi e abbastanza serrata se si confronta con i quattro film precedenti, fatta perché ad emergere sia la "storia" anziché l’autore. Van Sant mette Harvey Milk davanti a tutto: che lo si conosca, che si comprenda ancor oggi quanto sia stato importante per la parità di diritti, che il suo nome continui a circolare come esempio di coraggio anche nelle nuove generazioni.
La passione con cui il regista si è approcciato al progetto è riscontrabile proprio nella sua volontà di diventare invisibile, di mettere in luce gli aspetti migliori della vita del politico tralasciandone le parti più equivoche (lo stesso Van Sant ha detto, nell’intervista rilasciataci, di aver tagliato su droga ed eccessi), facendo sì che la macchina da presa riprenda l’intimità del suo protagonista trovando il giusto equilibrio tra pudore e onestà. Né enfasi, né ambiguità di vera maestria registica Van Sant ci mette la capacità di montare materiale di repertorio con scene di finzione con estrema naturalezza, e due scene ricche di pathos: il discorso al pubblico dopo le minacce, e il tragico epilogo.
Nella sua eccezionalità, la vita di Milk è però, a livello cinematografico, piuttosto lineare. Oltre al cuore del protagonista, ai suoi sacrifici (personali: l’amore) in nome di un bene comune (la non discriminazione), ad emergere (e forse era un punto su cui indugiare di più) è il suo successo nell’avere creato un vero e proprio movimento di pensatori, giovani che anche dopo la sua morte continuarono a lottare in nome dell’uguaglianza. La bravura di Sean Penn, grandioso nella sua somiglianza con Harvey Milk (presumiamo non solo fisica, ma anche nel portamento, anche se non avendo visto il vero Milk non possiamo assicurarlo), si accompagna alle altre dei personaggi di contorno (da James Franco a Emile Hirsch, passando sul sempre più straordinario Josh Brolin), per un film che se fosse stato più corale e un pò meno agiografico, avrebbe reso ancor più grande la vita di questo eroe contemporaneo.

La frase: "Ho vissuto per anni nel buio e non voglio tornarci".

Andrea D’Addio

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