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Nove lune e mezza

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Rosanna Donato10 ottobre 2017Voto: 8.0
 

  • Foto dal film Nove lune e mezza
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“Nove lune e mezza” è la pellicola che segna il debutto alla regia dell’attrice Michela Andreozzi, che ha voluto al suo fianco il marito Massimiliano Vado e gli amici di una vita Claudia Gerini e Pasquale Petrolo (Lillo). Al loro fianco, in questa nuova avventura tutta da vivere, vediamo Giorgio Pasotti, Stefano Fresi, Claudia Potenza e Alessandro Tiberi. Il film vede protagoniste due sorelle dai caratteri e modi opposti. Livia è una violoncellista sfrontata, mentre Modesta, detta Tina, è un timido vigile urbano. Se Livia non desidera avere figli, Tina tenta da anni di restare incinta. Così la prima decide di aiutare la sorella, portando avanti una gravidanza per lei. Nei successivi nove mesi, Livia dovrà nascondere la pancia crescente, mentre Tina fingerà di essere incinta, dando vita a una serie di situazioni tragicomiche che coinvolgeranno anche la loro famiglia, composta da una mamma campionessa di ragù, un padre idealista e sognatore, un fratello neocatecumenale con moglie devota e quattro figlie femmine.
Una famiglia allargata quella raccontata con grande sensibilità e leggerezza dalla regista Michela Andreozzi, la quale è riuscita a cogliere l’essenza del rapporto tra sorelle, quello che lei chiama “sorellanza”, e la sua unicità. Chiamiamola commedia brillante, perché nella pellicola “Nove lune e mezza” ad incidere in modo particolare è la sceneggiatura fatta di dialoghi carichi di ironia, freschezza e arguta intelligenza, anche se in determinate scene vengono utilizzate battute poco originali, ma che nel contesto e grazie al tono di voce con cui vengono dette, non mancano in alcun modo di far ridere il pubblico. A sorprendere è senza dubbio la capacità della regista di raccontare temi importanti con estrema leggerezza e senza mai cadere nella banalità e nei cliché. Ogni personaggio ha una propria personalità, che a volte è riconoscibile sin da subito, mentre altre emergono a causa di un evento chiave. Certo, seppur il copione permette di spaziare tra la commedia e il dramma in modo equilibrato (l’ironia smorza i momenti più intensi, risultando sempre molto efficace), spesso ci troviamo di fronte a scene prevedibili, la cui originalità è data prettamente dall’interpretazione degli attori. È difficile, infatti, mettere in scena situazioni e storie del tutto nuove, soprattutto adesso che il cinema non riesce più a osare più dello stretto necessario, anche se in qualche modo Michela Andreozzi ce l’ha fatta.
Come già citato in precedenza, un pregio della pellicola è certamente quello di avvalersi di un cast d’eccezione, le cui performance - al di là della vicenda narrata che presenta molti spunti di riflessione in quanto ricca di temi universali al suo interno - appaiono del tutto naturali. Gli attori, tutti molto credibili e in grado di destreggiarsi tra i diversi generi cinematografici inseriti nel film, riescono a divertire e divertirsi (si nota un certo affiatamento tra i membri del cast). Questo è anche merito degli ottimi tempi di battuta e della loro forte espressività. A fare da contorno alla varietà di inquadrature, una colonna sonora fresca e per certi versi inedita.
Accanto a canzoni popolari come “Perdere l’amore”, sono stati inseriti i nuovi testi di Niccolò Agliardi (la colonna sonora di “Braccialetti rossi”), uno dei quali - “Ho cambiato i piani” - cantato da Arisa, che vedremo in una piccola scena di “Nove lune e mezza”. Oltre al legame tra sorelle, così forte da portarti a fare qualsiasi cosa per l’altra persona, il film evidenza come in ogni rapporto - che sia una famiglia omosessuale, una coppia sposata, una coppia convive o altro - vi siano questioni irrisolte che nascono perché non si riesce più a comunicare l’una con l’altra. L’importante è capire quando è il caso di essere sinceri e superare i propri problemi. Infine, colpisce la fotografia nitida, fatta di tonalità per lo più accese, e l’uso della tecnica che prevede di guardare dritti nella macchina da presa quando si parla, dando vita così ad un legame più intimo e diretto con il pubblico di riferimento.


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