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Power Rangers

La recensione del film a cura della Redazione di FilmUP.com

di Francesco Lomuscio31 marzo 2017Voto: 6.0
 

  • Foto dal film Power Rangers
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Erano una legione di guerrieri dediti a proteggere la vita e, ora, non possono utilizzare i propri poteri e non devono rivelarli a nessuno.
Con i volti di Dacre Montgomery, Naomi Scott, R.J. Cyler, Becky G. e Ludi Lin, nella cittadina di Angel Grove sono il giocatore di football Jason, la ribelle e brusca reginetta della scuola dalla popolarità in ribasso Kimberly, l’astuto e dolce – ma anche poco capace ad interagire socialmente – Billy, la solitaria e misteriosa Trini e lo spavaldo e spaccone Zack; la loro storia, però, ha in realtà avuto inizio nel lontano 1984.
All’epoca, infatti, pare che, in viaggio in Giappone per affari, il produttore Haim Saban rimase talmente folgorato dal telefilm “Super Sentai” – incentrato su cinque ragazzi che combattevano mostri di gomma indossando tute di spandex – da riuscire ad assicurarsene i diritti per il mercato extra asiatico, trasformandolo in un fenomeno culturale mondiale dal momento in cui, nove anni più tardi, venne trasmesso per la prima volta negli Stati Uniti.

Fenomeno culturale che, ovviamente, non poté fare a meno di generare nel 1995 e nel 1997 i lungometraggi cinematografici “Power rangers – Il film” di Bryan Spicer e “Turbo Power rangers – Il film” di Shuki Levy e David Winning, dai quali prende del tutto le distanze questa nuova rilettura a firma di Dean Israelite, autore del fantascientifico “Project Almanac – Benvenuti a ieri”.
Rilettura che ci porta immediatamente a conoscenza del gruppetto di protagonisti destinati a rivelarsi gli unici in grado di salvare il mondo dalla temibile minaccia aliena corrispondente a Rita Repulsa alias Elizabeth Banks; la quale, “vagamente” in aria di allegoria anti-capitalista relativa alla ricchezza come sinonimo di potere, è interessata a raccogliere tutto l’oro del suo servo guerriero Goldar – che è stato vaporizzato – per resuscitarlo.
E, se quest’ultimo sembra in un certo senso richiamare alla memoria il “satanasso” visto nel dimenticato “Supergirl – La ragazza d’acciaio”, la donna non fatica a rispecchiare nel look la Evil-Lyn della serie di giocattoli “Masters of the universe”, testimoniando ulteriormente il retrogusto anni Ottanta trapelante dall’operazione.
Anche se, tra immancabili tematiche adolescenziali a fare da sfondo, incidenti stradali atti ad accompagnare la prima fase delle oltre due ore di visione e vertiginosi balzi da montagne rocciose per poter sperimentare le appena scoperte doti, è in maniera evidente ai cinecomic Marvel d’inizio terzo millennio che guarda principalmente il regista.

Non a caso, non solo vengono omaggiati Spider-man e Iron man, ma l’evoluzione della vicenda raccontata rispecchia in parte quella che caratterizza la genesi dei Fantastici 4, rispolverata anche nel 2015 attraverso un mediocre lungometraggio di Josh Trank.
Lungometraggio rispetto a cui, fortunatamente, tra scontri con individui di pietra, la sempreverde “Stand by me” nella versione dei Bootstraps inclusa nella colonna sonora ed abbondanza di immancabile effettistica digitale, questo di israelite appare decisamente superiore, pur senza eccellere.
Perché, sebbene – a causa probabilmente dell’influenza proveniente dalla matrice televisiva di partenza – tenda a manifestare un infiacchimento del ritmo narrativo nel corso del suo tronco centrale, riesce comunque nell’impresa di intrattenere sufficientemente il pubblico e di riscattarsi soprattutto tramite lo spettacolare scontro conclusivo proto-“Transformers”, non distante neppure da una situazione da kaiju eiga opportunamente aggiorna e trasudante fuoco e fiamme.
Con il consueto intento di ribadire che l’unione fa la forza e un’ultima sorpresa posta durante i titoli di coda.


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