Il mondo dei replicanti
Tratto dalla graphic novel "The surrogates" (che è anche il titolo originale del film) scritta da Robert Venditti e disegnata da Brett Wendele, "Il mondo dei replicanti" immagina un futuro non troppo lontano popolato da robot tali e quali agli umani telecomandati a distanza da ogni cittadino. Attraverso un casco che ricorda molto i primi esperimenti di realtà virtuale degli anni ’90, ogni persona vive attraverso gli occhi del proprio "manichino": se questi si distrugge o subisce qualche danno, basta costruirne un altro e ricreare la connessione. Il risultato è un mondo senza omicidi e con pochi reati, sicuro, ma al contempo freddo, dove l’amore è fatto di scariche elettriche e sfregamenti di plastica. Una serie di omicidi scuote però il quieto vivere dei tanti automi: ad indagare ci penserà un detective (Bruce Willis) ancora traumatizzato dalla perdita del figlio (a cui non aveva fatto costruire un replicante).
Lo spunto di partenza è quanto mai affascinante, forse difficile da comprendere senza aver visto il film (qui sopra abbiamo fatto del nostro meglio), ma dalle potenzialità infinite. Poiché le persone sono in realtà tutti robot e difficilmente si muore davvero, sparatorie, inseguimenti (in auto e a piedi) e tutto ciò che riguarda l’”action” può essere spinto al massimo (se devi scappare , non ti devi porre il problema del non investire le persone per strada).
Purtroppo Jonathan Mostow (un regista bravo con gli effetti speciali da cui ci si aspettava molto di più) sembra non cogliere questi margini di manovra e si accontenta di qualche scena adrenalinica qua e là, peraltro non particolarmente coinvolgente. A pesare ancor più sulla bontà del film, è una trama quanto mai banale: sia la morale della storia che le motivazioni che spingono i cattivi sono chiare fin dall’inizio e non regalano alcun motivo di interesse. Un vero peccato dato il grande budget messo a disposizione dalla produzione (circa 80milioni di dollari) e un Bruce Willis che porta normalmente sempre a casa il risultato. Ciò che manca a "Il mondo dei replicanti" è soprattutto la sua capacità di essere moderno: il cinema d’azione di oggi è molto più "realista" nelle trame (non tutto finisce sempre per il meglio) e contaminato, a livello di immagini, dalla grande produzione di video amatoriali che ogni giorno si vedono su internet (che siano reportage di guerra o altro). Non è più tempo per il cinema rassicurante degli anni ’90, dove tutto alla fine ritornava al suo posto dopo che l’eroe aveva fatto il proprio dovere. Il futuro che ci offre "Il mondo dei replicanti" per quanto concettualmente affronti un discorso latamente interessante (i limiti della biogenetica) appare troppo artefatto e lontano da qualsiasi emozione vera. Non parliamo di un film brutto, ma di un film medio, guardabile e dimenticabile nel giro di novanta minuti: di certo non una visione "obbligata".

La frase: "Ancora nessuna parola su quando, e se, i replicanti saranno rimessi in funzione. Sembra, almeno al momento, che dovremmo cavarcela da soli".

Andrea D'Addio

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