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Twende Berlin











Si chiamano Lavosti, Pop, Alai-K, Richie, Fujo e Sharama, sono musicisti keniani e affiancano Upendo Hero, ovvero l’eroe dell’amore che, nascosto sotto una maschera a forma di cuore, dopo trentasette anni di prigionia in un centro commerciale spezza le catene e si unisce al gruppetto per un viaggio in Europa dal non poco importante obiettivo.
Un viaggio-avventura a Berlino, precisamente, che rappresenta per questi individui, tutt’altro che discendenti di Superman e privi di particolari poteri proto-fumetto, una vera e propria battaglia atta alla diffusione della cultura e alla difesa di quegli spazi pubblici (quindi, gratuiti) che qualcuno che sta "in alto", spesso, sembra essere interessato a far chiudere.
Spazi pubblici che la popolare metropoli tedesca offre in abbondanza e di cui il regista Farasi Flani, nel corso della circa ora e venti di visione, pone continuamente in evidenza l’importanza.
Mentre ci porta a conoscenza del significato dell’espressione "Gentrification" e, tra mangiate di kebab cucinato da turchi e contatti con il misterioso attivista e artista di arte pubblica noto come "The Wa", costruisce il tutto attraverso una miscela di interviste e veri e propri videoclip inscenati strada facendo.
Videoclip infarciti di pacifica rabbia e volti a includere pupazzi cantanti e lanci di gomitoli di lana; delineando un’operazione decisamente atipica e destinata a rielaborare in una sorta di ritmato "musical da marciapiede" ciò che sarebbe potuto rientrare, in maniera tranquilla, nella classica categoria dei documentari.
Man mano che viene spiegato non solo in che modo la maggior parte degli odierni problemi che affliggono i giovani africani sia una conseguenza dei processi di deculturalizzazione e desocializzazione iniziati durante il colonialismo, ma anche – e soprattutto – che i sogni e le utopie sono importanti quanto la realtà.
Perché, facendosi portavoce di attualissime tematiche sociali, lo scorrevolissimo documento filmato in questione intende, prima di tutto, manifestarsi quale vera e propria dichiarazione d'intenti all'insegna della libertà... ovviamente indirizzata a fornire spunti di riflessione a un cinico pianeta Terra che, stretto nella fredda morsa del capitalismo, sembra essere propenso a regalarne sempre meno.

La frase:
"I miei genitori venivano da classi e contesti sociali diversi, ma all’epoca l’amore dominava ancora e lo spazio pubblico era condiviso da tutti".

a cura di Francesco Lomuscio

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